Il restauro del sito archeologico di Palmira
0 commentiLa ricostruzione di Palmira dopo la distruzione dell’Isis
Dopo la liberazione delle aree siriane occupate dalle milizie jihadiste dello Stato Islamico (Isis), si è acceso nell’opinione pubblica un grande entusiasmo per la liberazione di Palmira, il sito archeologico patrimonio dell’Unesco gravemente offeso dalle distruzioni perpetrate negli ultimi mesi.
Palmira è un’antica città carovaniera della provincia di Homs, nel centro della Siria, balzata agli onori delle cronache a causa delle devastazioni compiute dall’Isis nel Paese.
L’antica città del deserto era emersa a poco a poco grazie a un lungo e paziente lavoro di restauro iniziato alla fine dell’Ottocento e praticamente ancora in corso fino al momento in cui è sopravvenuta la guerra.
La cacciata dell’esercito dell’Isis dal sito monumentale è stata salutata in tutto il mondo positivamente e si sono aperte grandi speranze per l’inizio di un intervento di restauro che lo possa riportare all’antico splendore.
Purtroppo, come lamentato da alcuni esperti facenti parte della commissione dell’Unesco incaricata, il progetto di restaurare Palmira potrebbe rivelarsi soltanto un’illusione.
I danni arrecati dalla furia iconoclasta dell’Isis sono infatti troppo gravi per poter parlare di “restauro”.
Ricostruire un sito come lo splendido tempio di Bel, non significa condurre un intervento di restauro, ma realizzare qualcosa di nuovo. Il manufatto è infatti ridotto praticamente in polvere e irrimediabilmente perduto, come molti altri.
Più ottimista è invece il responsabile delle Antichità siriane, Maamoun Abdelkarim, il quale sostiene che i danni al patrimonio siano stati inferiori a quanto temuto e almeno l’80% delle strutture di Palmira sia ancora in buone condizioni.
Ha pertanto incaricato esperti del Paese di effettuare sopralluoghi per valutare i danni alle rovine e alla città vecchia e, sulla scorta della documentazione raccolta, di programmare i lavori necessari, che potrebbero iniziare entro un anno.
Preventivamente, sarà però necessario condurre una vasta operazione di sminamento dell’area, visto che gli ordigni sono stati piazzati non solo nelle zone residenziali ma anche all’interno dell’area archeologica. L’intervento è già iniziato a opera dall’esercito siriano insieme a esperti russi.
In ogni caso, per gli interventi occorreranno almeno 5 anni di lavori delicati e costosi.
Dai primi rilievi è emerso che risultano completamente distrutti il grande tempio di Bel, quello di Baal Shamin, le torri funerarie romane e l’arco di Trionfo, mentre risulterebbero quasi intatte l’Agorà, il teatro romano e le mura delle città.
Ma per documentare realmente lo stato dei monumenti il lavoro dovrà essere lungo e certosino: sarà necessario non solo valutare la stabilità delle strutture ma anche raccogliere e catalogare i frammenti dei monumenti distrutti.
Qualunque sia però l’opinione in merito, un intervento si rende necessario e anche in tempi rapidi, per conservare un gioiello come Palmira alla memoria dei posteri.
Palmira, la ricostruzione in 3d
Si sono così già attivati esperti da tutti il mondo per mettere a disposizione le più avanzate tecnologie a servizio dell’intervento. Una start up francese ha ad esempio avviato un progetto di ricostruzione “virtuale” delle parti distrutte con l’ausilio di una tecnologia 3D.
Con l’aiuto dei dronie della cartografia e grazie a un algoritmo sviluppato in collaborazione con Microsoft, sarà possibile far rivivere e tramandare alle future generazioni monumenti come la moschea degli Omayyadi, il teatro di Jable e le antiche rovine di Ugarit.
Queste mappe in alta definizione potranno poi servire in futuro a ricostruire effettivamente i siti.
Intanto due aziende toscane, la TorArt di Carrara, specializzata in scultura e fondata da Giacomo Massari con Filippo Tincolini, e la D-Shape, fondata da Enrico Dini a Cascine (Pisa), stanno contribuendo alla conservazione della memoria di Palmira, grazie a una tecnologia di stampa 3D messa a punto nel nostro Paese.
Per il momento le aziende hanno presentato a Londra la ricostruzione in scala dell’arco di trionfo della città, costruito circa 2000 anni fa e completamente polverizzato dai miliziani.
Il processo di stampa 3D consente di legare sabbia e roccia, stampando blocchi di marmo grezzo e pietra arenaria, ma se l’intervento andrà in porto, le aziende intendono poi adoperare materiali locali.
L’obiettivo è quello di ricostruire le parti distrutte collocandole nei siti originari.
Naturalmente, nel rispetto di una delle regole più elementari del restauro, sarà fondamentale rendere facilmente riconoscibili e identificabili le parti ricostruite e distinguerle da quelle originali.
A tal proposito, il professor Amr Al-Azm che per anni ha guidato i laboratori di restauro dei musei statali siriani e oggi vive in America, si è dichiarato allarmato dall’annuncio dell’utilizzo di questo tecnologie che potrebbero portare a interventi frettolosi e irrimediabili, se condotti solo nell’ottica di un’operazione propagandistica.
Nel frattempo, sono già iniziati i lavori di restauro del museo di Palmira, su cui sta lavorando un team siriano coadiuvato da un’equipe di esperti polacchi.
Il direttore generale del dipartimento di Homs delle Antichità e dei Musei, Hossam Hamish, ha dichiarato che l’intervento prevede il ripristino dell’edificio e la tutela di una serie di manufatti archeologici, statue e mosaici.