La casa baraccata, una costruzione antisismica
0 commentiI tragici eventi di questi ultimi giorni ci ricordano come il territorio italiano, soprattutto nella parte situata lungo la dorsale appenninica, sia fortemente esposto al rischio terremoti.
Non è un caso quindi che proprio nel Sud Italia venne redatto il primo regolamento edilizio antisismico d’Europa, risalente a epoca borbonica.
Il regolamento nacque durante la ricostruzione seguita a uno dei più terribili terremoti che abbiano mai colpito il vecchio continente, quello del 5 febbraio 1783, che interessò la zona di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Catanzaro e causò oltre 30.000 vittime.
Il regolamento, adottato nel 1875, prevedeva come misura antisismica nella costruzione degli edifici in muratura l’utilizzo di un telaio ligneo di rinforzo, in grado di scongiurare il collasso strutturale e limitare i danni a persone o cose.
L’intreccio di travi e pilastri in legno quindi rappresentava una struttura da inserire all’interno del materiale lapideo per resistere alle sollecitazioni sismiche.
Questo tipo di costruzione, denominata “casa baraccata”, fu ideata dall’ingegnere Francesco La Vega e prendeva spunto da tecniche costruttive ancora più antiche già in uso in Calabria, pur basandosi sulle ultime ricerche dell’ingegneria settecentesca.
Il sistema costruttivo era quello utilizzato infatti nel Palazzo del Conte di Nocera a Filogaso, presso Vibo Valentia, uno dei pochi rimasto in piedi dopo il terremoto.
In realtà, la casa baraccata si ispirava a principi costruttivi ancora più antichi, quelli utilizzati dagli antichi romani nel cosiddetto opus craticium, la casa a graticcio. E l’ingegnere spagnolo La Vega aveva avuto modo di osservarli perché era stato proprio lui a dirigere i primi scavi archeologici a Pompei ed Ercolano.
In realtà, una tecnica simile a quella della casa baraccata era già in uso in altre aree d’Europa. Un antefatto della casa baraccata è rappresentato ad esempio dalla “gaiola pombalina” portoghese, adottata dopo il sisma che colpì Lisbona nel 1755. Fu così denominata dal nome del marchese di Pombal che ne volle l’utilizzo.
Analoga tecnologia è quella impiegata per le tradizionali himis turche, che hanno dimostrato di reggere perfettamente al terremoto del 1999, a dispetto di tanti più recenti edifici in cemento armato.
La ricostruzione in Calabria avvenne così nel giro di pochi anni, facendo ricorso a materiali e maestranze locali. Alcune città, completamente distrutte dal sisma, furono ricostruite in altri luoghi, altre invece, come Reggio Calabria, nella stessa zona originaria. Grazie all’impiego di questa tecnica, le costruzioni realizzate in quegli anni furono in grado di resistere a terremoti di magnitudo elevata, come quelli che colpirono l’area nel 1905 e nel 1908.
Ma il regolamento antisismico dei Borbone prevedeva precise regole costruttive anche a livello urbanistico. Le nuove strade principali infatti dovevano avere una larghezza di almeno 10 – 13 metri e quelle secondarie di almeno 6 – 8 metri. Il tracciato stradale doveva aprirsi su piazze principali per il mercato e piazze secondarie. Queste piazze dovevano servire anche a dare un rifugio all’aperto agli abitanti in caso di scosse.
A ogni modo, durante un convegno svoltosi nel 2013, il CNR ha dimostrato che la tecnologia della casa baraccata è ancora oggi in grado di offrire una buona protezione in caso di sisma.
Durante il convegno infatti è stata realizzata un’intelaiatura lignea riempita da muratura che richiama il sistema costruttivo settecentesco ed è stata sottoposta a una serie di test. Il risultato è stato che utilizzando questo tecnologia con i dovuti accorgimenti moderni è possibile ottenere un importante ausilio nella costruzione di strutture antisismiche