Addio a Jannis Kounellis, maestro dell’Arte Povera
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Lo scorso 16 febbraio è scomparso a Roma, dove viveva fin da giovane, l’artista Jannis Kounellis.
Nato al Pireo, in Grecia, si era trasferitoa 20 anni in Italia per studiare, diventando romano d’azione.
Nonostante la maggior parte della vita trascorsa in Italia, nelle sue opere saranno sempre frequenti il senso dell’addio e della lontananza e il profondo legame con il paese natale.
Nella formazione di Kounellis un ruolo importante hanno grandi artisti italiani, come Caravaggio, Masaccio e Tiziano, il cui spirito si ritrova nelle sue opere tradotto in senso contemporaneo.
Kounellis e l’Arte Povera
La sua vicenda artistica, pur avendo attraversato diverse correnti, resta sempre profondamente legata all’Arte Povera, di cui rimane uno dei maggiori esponenti.
Il nome di questo movimento era stato coniato dal critico d’arte Germano Celant, per indicare quella generazione di giovani artisti che appunto erano soliti creare con materiali inusuali e ambientare le proprie opere in luoghi diversi dai soliti musei, come fabbriche o cantieri industriali.
Pur avendo esordito con la pittura tradizionale, Kounellis manifestò ben presto il suo interesse per un approccio materialista all’arte ed è infatti ricordato in maniera particolare per le sue installazioni e performance caratterizzate dall’impiego di materiali poveri o anche di animali vivi.
Nel corso degli anni ha così alternato le opere che prevedevano l’uso di materiali fuori dal comune alla realizzazione di performance con il ricorso ad animali, allo scopo di manifestare il legame tra mondo naturale e sovrastrutture culturali.
Sono degne di nota anche le sue frequenti incursioni nel mondo del teatro, con interventi che trasmettevano uno stretto rapporto tra scenografia e pittura.
Alcune opere di Jannis Kounellis
Kounellis debuttò con la sua prima mostra personale nel 1960 alla Galleria La Tartaruga di Roma. Qui presentò la serie pittorica degli Alfabeti, costituita da lettere, numeri, frecce e altri simboli dipinti a tempera nera su tela bianca.
L’uso di materiali come legno e cera, piombo e terra, sacchi di juta riempiti di carbone, ma anche di chicci di caffè o granaglie, fu successivo e testimonia il suo avvicinamento alle ricerche dell’Arte Povera.
Sono proprio questi i materiali utilizzati ancora nel 2002 per “Atto Unico”, un percorso di lamiere di ferro installato nei corridoi e nelle sale della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma.
Ma l’opera di Jannis Kounellis non è solo Arte Povera
A cominciare da una delle sue performance più controverse, quella del 1969, quando espose 12 cavalli vivi presso la Galleria L’Attico di Fabio Sargentini, a Roma.
Quei cavalli rappresentavano l’ideale conflitto tra cultura e natura, dove il ruolo dell’artista è solo quello di artefice, mentre l’arte si esprime attraverso la partecipazione e la relazione tra pubblico e opera.
Negli anni Settanta, il suo lavoro parve più orientato verso un’arte dell’evento e del comportamento, che lo portò all’organizzazione di performance ed ambienti.
A partire dagli anni Ottanta, invece, attraverso le sue opere incomincia a recuperare frammenti e oggetti antichi, evocando la nostalgia di un mondo arcaico e simbolico-mitologico.
Una delle componenti più importanti dell’opera di Kounellis è, come detto, il coinvolgimento del pubblico, fondamentale per la sua comprensione.
Lo spettatore non è solo tale ma è egli stesso attore dell’opera.
Pertanto, l’opera realizzata per la stazione Dante della metro di Napoli (una delle prime stazioni dell’arte della città) si può considerare proprio inserita nel suo contesto naturale, viste le migliaia di pendolari che ogni giorno ne fruiscono.
L’opera è costituita da un susseguirsi di rotaie del treno sotto cui sono “intrappolati” capi di abbigliamento e scarpe, elemento ricorrente delle sue opere, a simboleggiare il fluire continuo dei viaggiatori ma, al contempo, il loro essere “ancorati” al mezzo di trasporto.
Il rapporto dell’artista con la città partenopea era incominciato già nel 1995, dove aveva realizzato la prima delle installazioni di arte contemporanea ospitate poi negli anni in Piazza del Plebiscito.
L’opera di Kounellis era costituita da una serie di bombole a gas con tubi a cannella montate su di un tabellone metallico.