Barriere architettoniche in edifici con vincolo storico, artistico, paesaggistico
0 commentiCome eliminare le barriere architettoniche in edifici sottoposti a vincolo?
Gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche sono fondamentali per rendere gli edifici esistenti accessibili a tutti.
Quando però questi edifici datati sono anche sottoposti a un vincolo paesaggistico o storico, l’iter per compiere l’intervento è più complesso del solito.
Nel nostro Paese infatti da un lato abbiamo l’esigenza di rispettare la rigida normativa che tutela i beni sottoposti a vincolo paesaggistico, storico e artistico, dall’altro l’altrettanto importante esigenza di garantire a tutti l’accessibilità ai luoghi, nel rispetto della relativa normativa.
Normativa in materia di beni vincolati e barriere architettoniche
Il rispetto dell’ambiente e del patrimonio storico-artistico è sancita dalla nostra stessa Costituzione, che all’art. 9 recita: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Quando un edificio o un sito appaiono particolarmente interessanti sotto il profilo storico o ambientale il nostro ordinamento giuridico li pone sotto tutela con specifici vincoli.
Ma anche il diritto di vivere in un ambiente accessibile e privo di barriere è sancito dalla Costituzione, per cui necessariamente deve essere esercitato nel rispetto della tutela dei beni storici e paesaggistici.
Oltre alla Costituzione, dunque, i due ambiti normativi a cui fare riferimento sono:
- il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42)
- la normativa speciale in materia di eliminazione delle barriere architettoniche (Legge 13/1989 e art. 24 Legge 104/1992).
La presenza dei vincoli, quindi, non provoca l’impossibilità di sottoporre questi edifici a lavori di rimozione delle barriere architettoniche, ma determina la necessità di una verifica preventiva da parte degli enti preposti volta a evitare che si arrechi pregiudizio (inteso come danno) al bene vincolato.
Autorizzazione all’eliminazione degli ostacoli
Il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede come regola generale che qualsiasi intervento su un bene vincolato sia eseguito previo rilascio di una autorizzazione da parte dell’ente preposto (Sovrintendenza o Comune, a seconda delle Regioni).
Anche gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche, pertanto, sono soggetti al rilascio di questa autorizzazione.
Generalmente l’autorizzazione non è richiesta per interventi interni alle abitazioni, mentre quelli in facciata naturalmente possono avere un impatto molto più elevato.
Tuttavia, per facilitare gli interventi di eliminazione delle barriere, la legge 13/1989 ha previsto un’importante deroga. In pratica, in caso di mancata risposta alla richiesta di autorizzazione nei termini stabiliti (40 giorni per i beni paesaggistici e 120 per i beni storici), essa si intende assentita (silenzio assenso).
Ciò non avviene invece per i lavori ordinari, per i quali, in caso di inerzia dell’amministrazione a rispondere nei tempi stabiliti, occorre fare ricorso in Tribunale.
L’autorizzazione a eliminare le barriere può essere anche respinta, ma in base alla legge 13 il diniego deve essere motivato con il rischio di apportare un “grave pregiudizio” al bene tutelato, ovvero con la possibilità che si possa compromettere il valore storico o ambientale del bene.
Normalmente, basterebbe un pregiudizio “normale” per respingere la richiesta, mentre per un bene tutelato deve essere quindi “grave”.
Contenzioso in materia di barriere architettoniche e beni tutelati
Come abbiamo visto, il nostro legislatore ha voluto tutelare l’esigenza di accessibilità delle persone con particolari problemi, pur nel rispetto del patrimonio artistico, storico e ambientale.
Pur essendo le norme molto dettagliate, però, non sono mancati i contenziosi in questo ambito.
Una sentenza del TAR Campania del 2012 ha dovuto ad esempio ribadire come le Soprintendenze, per respingere una richiesta di autorizzazione, debbano dettagliatamente motivarla.
Nel caso in cui poi l’autorizzazione debba essere negata per escludere un possibile grave danno, la legge 194 del 1992 prevede che si possa comunque porre rimedio con delle opere provvisionali. Un esempio sono le pedane mobili per superare i gradini.