Spiaggia libera. La spiaggia delle libertà
0 commentiSpiaggia libera. Mi piace. Fin dal nome. Ci vado presto, scelgo accuratamente il posto dove piazzare ombrellone, stuoie, frigo portatile, retino, zainetti contenenti creme solari, libri, giornali e, piccolo lusso di uichendisti dediti all’ozio, la Settimana Enigmistica.
Inforco gli occhiali da lettura e, finalmente, mi sdraio, dopo scientifica e accurata aspersione di crema protettiva.
Attività da spiaggia libera
Leggo un po’, sonnecchio, faccio il bagno, doccia, mi asciugo al sole camminando, rimetto la crema, sposto la stuoia sotto l’ombrellone, perché nel frattempo il sole è alto, mi sdraio a pancia in giù e mi guardo attorno, gli occhi che vagano ad altezza sabbia.
Conchiglie e sassolini, pagliuzze e piccoli legni, filamenti di alghe secche che rotolano sospinti dalla brezza marina: tutto bene, il mare è come sempre generoso.
Poi osservo e catalogo mentalmente i reperti estranei all’ambiente che affiorano dalla sabbia: 3 mozziconi di Rothmans, 2 di Marlboro light, 1 rimasuglio di tabacco rollato, 2 elastici per capelli, cannucce rosa e celesti di succhi per bambini (quelli in piccoli tetrapak), 1 stecco di ghiacciolo, 1 tappino di crema, 2 di Fanta, 1 lattina accartocciata, che splende al sole.
C’è anche una fialetta di Enterogermina: mi spiace, qualcuno ha avuto mal di pancia.
E’ la mia ora. Con guanti usa e getta e il retino acchiappa-pesciolini (ma quando mai?) ripulisco l’area di mia pertinenza e porto tutto nel cestino che, lo giuro, esiste davvero: per tutti, gratuito e addirittura suddiviso in comparti: vetro, carta, plastica, indifferenziata. Ripartisco il mio bottino, rifaccio la doccia, rimetto la crema. Ombrellone e riposino.
Anche oggi la spiaggia mi ha regalato il senso della libertà. Di pulire.
Morale della favola
Una volta Massimo Gramellini scrisse qualcosa del tipo: noi italiani abbiamo i bagni di casa così puliti che ci si potrebbe anche mangiare, ma siamo quelli che riducono gli spazi comuni ad autentici cessi.