La memoria delle mura
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L’architettura, in base alla forma e ai materiali utilizzati, rivela molto della funzione d’uso e rispecchia l’epoca in cui è stata concepita e realizzata. Se gli edifici sono oggetti inanimati, non lo sono gli ideatori e coloro che fruiscono la costruzione. Dall’idea che le mura di un edificio possano immagazzinare le parole, il chiacchiericcio, la vitalità di chi li ci è passato o ci vive, prende forma il progetto fotografico di cui qui vi parlerò.
Voci della città>
Il progetto Palazzi di Parole (vedi catalogo) di Nicolò Quirico si fonda sul presupposto che a rendere differenti le città siano prevalentemente le persone che vi abitano, il loro stile di vita e le loro emozioni. Tramite scatti fotografici ad architetture urbane Quirico si sofferma a riflettere sulle forme, sui diversi stili e funzioni delle architetture tra le città.
Un supporto insolito
Le fotografie sono stampate su pagine di libri anche in lingua straniera, come specchio della nostra società sempre più multietnica. Il supporto libro è scelto perché riesce bene a rappresentare la voce degli abitanti che in questi edifici vivono o hanno vissuto e che al loro interno vi comunicano, ricordandoci anche che se il progetto architettonico non è ottimale può diventare una barriera, un limite.
A ogni edificio le sue parole
Per gli edifici di uso civile si é scelto di usare libri stampati nello stesso periodo in cui furono eretti. Invece per quelli dove è chiara la funzione sociale (chiese, scuole, fabbriche, etc.) i testi sono stati recuperati da libri attinenti alla vita reale dell’edificio. Il collage di pagine rende la foto materica e rende evidente, a livello visivo, il chiacchiericcio.
Edifici di parole
Nicolò Quirico: «Le architetture della città sono fatte di linee e segni, sono geometrie e volumi, quelli che di solito la fotografia analizza e registra. Ma nei paesaggi e nelle architetture ci sono stratificazioni della storia personale di chi, in questi luoghi, vive e lavora. Senza di questi, i paesaggi e le architetture sarebbero diversi. Quindi la fotografia deve tenerne conto e render loro omaggio».
Stimolare la critica
Il progetto, non giudicando i manufatti architettonici ritratti, lascia al senso critico dell’osservatore il compito di decidere se si tratta di validi e buoni progetti architettonici o interventi di edilizia speculativa. L’obbiettivo è stimolare l’esercizio del senso critico nei confronti degli edifici che ci circondano.
“L’architettura abbraccia la considerazione di tutto l’ambiente fisico che circonda la vita umana; non possiamo sottrarci ad essa, finché facciamo parte della civiltà, poiché l’architettura è l’insieme delle modifiche e alterazioni introdotte sulla superficie terrestre in vista delle necessità umane, eccettuato solo il puro deserto. Né possiamo confidare i nostri interessi nell’architettura a un piccolo gruppo di uomini istruiti, incaricarli di cercare, di scoprire, di foggiare l’ambiente dove poi dovremo star noi, e meravigliarci di come funziona, apprendendolo come una cosa bell’e fatta; questo spetta invece a noi stessi, a ciascuno di noi, che deve sorvegliare e custodire il giusto ordinamento del paesaggio terrestre, ciascuno con il suo spirito e le sue mani, nella porzione che gli spetta”.
William Morris, 1881