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La biomimesi nell’architettura e nel design

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La biomimesi o biomimetica è un metodo di approccio progettuale ispirato alle forme della natura seguito anche dall’architettura e dal design.
Il termine deriva infatti dalle parole greche bios, che significa vita, e mimesis, imitazione. È proprio “mimando” alcuni meccanismi propri della natura, che l’uomo può risolvere molti dei suoi problemi.
 
Da sempre artisti, artigiani e costruttori hanno preso a riferimento le forme create da Madre Natura che, del resto, appaiono perfette per la funzione a cui sono destinate. Il caso più noto è quello di Leonardo da Vinci, attento osservatore della natura che, ad esempio, studiava le caratteristiche degli uccelli per progettare le sue macchine volanti.
 
Sono tanti i manufatti di uso comune la cui forma è stata ispirata dalla natura. Tra questi gli edifici, le parti che li compongono e i materiali utilizzati per realizzarli o per rifinirli.
 
il centro Eastgate di Harare nello Zimbabwe
 
Un esempio emblematico dell’applicazione di questo concetto all’architettura è il Centro Eastgate di Harare, nello Zimbabwe: un complesso comprendente uffici e un grande centro commerciale, progettato dall’architetto Mick Pearce con gli ingegneri del famoso studio londinese Arup.
 
Il sistema di ventilazione è ispirato al funzionamento di un termitaio, il caratteristico nido a pinnacoli delle termiti, di cui sono stati applicati i principi di auto-raffreddamento: la temperatura interna di tali tane rimane pressoché costante nonostante le torride temperature africane diurne e le notti fresche. Applicando il principio all’edificio è stato possibile assicurare un ottimo confort climatico interno, nonostante l’assenza di impianto di condizionamento.
La struttura consuma, in tal modo, il 10% in meno dell’energia necessaria a raffrescare un edificio di analoghe dimensioni.
 
La Swiss Re Insurance Tower a Londra
 
Altro esempio è il famoso grattacielo londinese di Norman Foster, la Swiss ReInsurance Tower, ormai “oggetto” simbolo nello skyline della capitale britannica e noto col nomignolo The Gherkin (il cetriolo), ispirato a una spugna marina.
Questo organismo sopravvive nelle profondità dei mari, nonostante l’assenza di luce, grazie a una particolare struttura che gli consente di filtrare l’aria e l’acqua, intorno cui si articolano l’involucro e uno strato di filamenti disposti in sette direzioni diverse.
L’edificio di Foster ha una forma ispirata a questa spugna ed è caratterizzato da piani sfalsati che ruotano attorno a un nucleo centrale, dove un impianto di ventilazione consente di ridurre del 40% i consumi energetici sia per il riscaldamento che per il raffreddamento.
 
Nel campo del design uno de primi esempi di biomimesi è rappresentato da un oggetto oggi di uso comune e di grande utilità: il velcro.
L’idea venne all’ingegnere svizzero George de Mestral che, tornando a casa dalle sue passeggiate, notava come al pelo del suo cane restassero sempre attaccati dei piccoli fiori. Osservandoli al microscopio notò che erano simili a piccoli uncini che si agganciavano al pelo. Nacque così il prototipo del velcro, costituito da due strisce di nylon, in cui da una parte ci sono questi piccolissimi uncini, dall’altra le asole di pelo a cui si agganciano per ottenere l’effetto di chiusura.
 
Lotus Effect
 
In tempi più recenti una delle applicazioni di maggiore interesse è rappresentata dal cosiddetto Lotus Effect.
 
Analizzando le foglie di loto si è osservato che la loro superficie è ricoperta da particelle che le rendono simili a cera e fanno scorrere via l’acqua e, con questa, tutte le impurità che porta con sé. Da questo principio, molti studiosi hanno tratto lo spunto per creare materiali autopulenti, come vernici e pitture, con cui tinteggiare gli edifici.
 
Nonostante le premesse bisogna riconoscere che la tecnologia derivata dalla biomimetica non ha, per il momento, riscosso il successo dovuto sul piano industriale e commerciale. Questo perché, spesso, a fronte di una riconosciuta maggiore efficienza dei prodotti, prevale presso i consumatori una sorta di inerzia nei comportamenti e di permanenza delle tradizioni.
Ad esempio, il sistema di pitturazione autopulente delle superfici, costa circa 10-15 volte in più rispetto ad un sistema tradizionale. Quindi, anche se comunque la spesa si ammortizza in pochi anni, prevale ancora la diffidenza degli utilizzatori, che preferiscono un sistema consolidato e, almeno nell’immediato, più economico.

 

Articolo scritto da:

Carmen Granata

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Architetto libera professionista e giornalista pubblicista. Si occupa di progettazione e consulenza immobiliare anche online. Il suo sito è "GuidaxCasa".

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