I trulli di Alberobello, esempio di abitazione spontanea
1 commentoPercorrendo la Valle d’Itria si scorgono, lungo i campi di ulivi delimitati da muretti a secco, le tipiche sagome di quelle costruzioni esclusive di questa zona della Puglia e di parte dell’altopiano delle Murge.
Di cosa si tratta? Dei trulli, la cui vera e propria capitale è Alberobello, la cittadina dove sono più diffusi, ricoprendone l’intero centro storico, e per questa dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco.
Come è fatto un trullo: la struttura
Il trullo, interessante esempio di architettura spontanea destinata all’abitazione, è una costruzione in pietra a secco, ricavata dalle rocce dell’altopiano delle Murge, con copertura a pseudo-cupola di forma conica.
Secondo le fonti storiche, la pratica di costruire senza malta nacque dalla volontà dei conti di Conversano di sfuggire a un editto del regno di Napoli, che tassava le costruzioni. Essendo realizzati a secco, i trulli risultava costruzioni “precarie”, di facile demolizione, e quindi non tassabili. In realtà, essi sono dotati di un eccezionale equilibrio statico.
La costruzione è formata da uno o più ambienti a pianta circolare disposti in maniera “modulare”: infatti la versione più semplice prevede un solo ambiente, mentre quelle più complesse sono formate da più trulli accostati. In questi esemplari c’è sempre un trullo centrale su cui si aprono tutti gli altri.
La presenza di aperture è estremamente ridotta, in quanto esse si limitano in genere alla sola porta d’entrata, a cui si aggiungono piccolissimi finestrini quadrati realizzati per l’aerazione dei bagni aggiunti per motivi igienici nel secondo dopoguerra e il piccolo foro posto in sommità della cupola per garantire un minimo ricambio d’aria.
La muratura portante, innestata su una base di roccia naturale, ha uno spessore molto elevato che, se da un lato riduce notevolmente la superficie utile interna, dall’altro, insieme con la ridotta dimensione delle aperture, contribuisce a donare a questa tipologia edilizia una notevole inerzia termica.
Vale a dire che i trulli trattengono molto bene il calore all’interno durante i mesi invernali e garantiscono ambienti freschi durante l’estate.
Non a caso, essi rientrano a pieno titolo in quell’edilizia storica e tradizionale presa ad esempio dalla moderna architettura biopassiva.
La copertura è autoportante, quindi non necessita di centine per la sua costruzione. Infatti è costituita da cerchi concentrici di lastre orizzontali a gradini via via rientranti a mano a mano che si sale, e ogni cerchio è staticamente in equilibrio con quello sottostante.
Le lastre interne che formano la copertura prendono il nome di chianche e sono completate da uno strato esterno di lastre più sottili, dette chiancarelle, una sorta di tegole che ne garantiscono l’impermeabilizzazione. Sono lastre piatte di circa 7 cm di spessore, utilizzate anche a volte per pavimentare le stanze.
Il tetto culmina in alto con una chiave di volta scolpita con soggetti esoterici, scaramantici o simbolici diversi da un trullo all’altro. Il significato di tali pinnacoli è tutt’ora sconosciuto: secondo alcune interpretazioni ha un valore propiziatorio, secondo altre è solo un simbolo ornamentale, secondo altre ancora un elemento distintivo.
Sulle chiancarelle delle cupole sono invece spesso disegnati a calce dei simboli: anche questi hanno un significato propiziatorio, per il raccolto o per la famiglia che vive nel trullo, e sono di tipo diverso, pagano o cristiano, perché diversa era l’origine degli abitanti dei trulli. Pinnacolo e simbolo dipinto, diventavano insieme una sorta di identificativo civico del trullo.
Esterno ed esterno della costruzione venivano imbiancati con latte di calce.
L’interno del trullo
Gli interni erano estremamente semplici, come dovuto all’umile destinazione a cui la costruzione era rivolta.
Questa, infatti, rappresentava l’alloggio del “cozzaro”, il contadino che conduceva i fondi dei proprietari terrieri.
All’interno delle spesse murature del trullo principale potevano essere ricavate delle nicchie, utilizzate come armadi o per posizionarvi i letti dei bambini, separati da tende, aventi la funzione di porte.
Il locale centrale era destinato in genere alla cucina e vi era presente un focolare, mentre nella camera da letto principale era collocato un letto tipicamente in ferro battuto.
Il trullo era generalmente a un solo piano (se si eccettua il famoso Trullo Sovrano di cui si parlerà in seguito), ma, per esigenze di spazio era invalso l’uso di soppalcarlo per ricavare superficie in più per qualche letto per i figli o da adibire a deposito di attrezzi agricoli e derrate alimentari.
In alcuni trulli sono presenti delle travi in legno: esse non avevano alcuna funzione strutturale, ma piuttosto servivano per appendervi scorte alimentari, tenendole separate per motivi igienici dal pavimento, spesso in terra battuta.
Come detto, il centro più importante in cui è presente la caratteristica tipologia edilizia è rappresentato da Alberobello.
Nella cittadina, il trullo più grande è detto trullo Sovrano, fu fatto edificare dalla famiglia Peta nella seconda metà del Settecento, ed è noto come l’unico trullo a due piani.
La casa è oggi un museo visitabile, in cui sono ricostruiti nei dettagli tutti gli ambienti interni e dove, in estate, si tengono di frequente manifestazioni di musica o teatro.
Tra il 1926 e il 1927 fu edificata la chiesa di Sant’Antonio, che riprende l’aspetto della tipica abitazione di Alberobello. Su una pianta a croce greca, infatti, si innesta una copertura a forma di trullo, alta 21 metri, che consente alla chiesa di integrarsi perfettamente con gli edifici circostanti.
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