E’ possibile pignorare la prima casa?
0 commentiDivieto di pignoramento prima casa, i chiarimenti utili
Da alcuni anni in Italia si sente dire che non si può pignorare la prima casa. Spesso però si cade in un equivoco perché si pensa che il divieto sia generalizzato, mentre riguarda unicamente i crediti vantati da Stato, enti locali e pubbliche amministrazioni, riscossi da apposite agenzie.
In pratica, con questa misura si fa sì che la casa non possa essere pignorata per il mancato pagamento di una tassa come Irpef, Iva, Imu, ecc..
Non c’è però alcun divieto per i soggetti privati, come può essere una banca. Non è nemmeno esatto parlare di prima casa, perché più esattamente il testo di legge fa riferimento al concetto di casa unica.
Per poterne essere garantito infatti è necessario che il debitore:
- non abbia proprietà di altri immobili, neanche per quote
- la casa sia anche il suo luogo di residenza
- non sia un immobile in classe catastale A/1, A/8 o A/9.
In tutti gli altri casi, il pignoramento è possibile ma solo se il debito ammonta a una cifra superiore a 120.000 euro e il valore dell’immobile supera tale soglia.
Quando la banca può avviare la procedura per pignorare la prima casa?
In teoria la banca potrebbe avviare il procedimento di pignoramento anche per il mancato versamento di una sola rata del mutuo. Di solito però non si fa, perché la procedura è costosa e non conviene e perché si cerca di non infierire sul mutuatario finché il debito non è conclamato.
Di solito ciò accade quando:
- c’è un ritardo nel pagamento di almeno 7 rate superiore a 30 giorni
- c’è un ritardo nel pagamento di una sola rata, ma superiore a 180 giorni.
A questo punto la banca può richiedere la revoca del piano di ammortamento del mutuo casa e pretendere la restituzione della somma versata in un’unica soluzione, cosa che di solito il debitore non è in grado di fare e quindi scatta il pignoramento.
Come evitare la confisca della prima casa
Per evitare il pignoramento della banca sulla prima casa si mettono in atto spesso alcuni artifici come:
- vendere la casa
- donarla a un figlio
- fare una separazione fittizia dal coniuge intestando la casa in cambio del mancato mantenimento
- costituire un fondo patrimoniale.
Tutte queste soluzioni sono però rischiose, perché la banca può comunque impugnarle entro cinque anni con un’azione revocatoria.
Per farlo sono sufficienti alcuni presupposti:
- che il contratto con la banca sia stato fatto prima dell’atto di trasferimento (non conta invece il momento in cui è incominciata la morosità)
- che il debitore sia privo di altri beni pignorabili.
Una soluzione potrebbe essere allora quella di cedere il bene in usufrutto. Anche la casa con usufrutto può essere pignorata e venduta all’asta, ma l’aggiudicatario dovrà rispettare l’usufrutto fino alla sua scadenza, che potrebbe essere, come accade di solito, vita natural durante dell’usufruttuario.
Lunghi tempi di procedura
Se vi trovate in un condizione di rischio, non abbiate però timore: la procedura di pignoramento è molto lunga, può durare anni e il tempo crea le condizioni perché si possa addivenire a un accordo tra le parti.
Inoltre, una recente modifica normativa prevede che il debitore possa restare nell’immobile finché non avviene l’aggiudicazione, cosa che la rende appunto più difficile.
Infine, anche se il debitore non può partecipare all’asta, nemmeno per interposta persona, è frequente che l’acquisto venga fatto da un familiare, in maniera da consentirgli di continuare a viverci.